Il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) è un accordo, generalmente della durata di tre anni, tra organizzazioni che rappresentano i dipendenti (sindacati o associazioni) ed enti in rappresentanza dei datori di lavoro, diversificato in base al settore in cui opera l’azienda.
Oggi i CCNL rappresentano il principale strumento di regolamentazione del lavoro subordinato nel nostro Paese, garantendo i diritti fondamentali come i livelli retributivi minimi, ferie, turnazioni, permessi, previdenza e assistenza integrativa, norme disciplinari, tutele contro il licenziamento, welfare aziendale.
Le origini e l’evoluzione del CCNL
Le prime forme di contrattazione collettiva risalgono alla fine dell’Ottocento con la crescita del movimento operaio e la nascita delle prime organizzazioni sindacali.
Risale al 1906 il primo accordo collettivo firmato a Torino tra la Società automobilistica Itala e la Fiom, che sanciva tra l’altro il riconoscimento di un minimo salariale e delle dieci ore giornaliere di lavoro per sei giorni alla settimana.
Nel 1919 Fiom e confederazione degli industriali firmano un accordo per la riduzione dell’orario a otto ore giornaliere e quarantotto settimanali per i lavoratori degli stabilimenti siderurgici, delle officine meccaniche, navali e affini, orario poi esteso a tutte le categorie, fissando anche i limiti per il lavoro straordinario.
A seguito della nascita del sistema corporativo durante il ventennio fascista, i contratti collettivi vengono introdotti nella legislazione italiana con la Carta del Lavoro del 1927 (che però acquisì valore giuridico solo a partire dal 1941), ma sotto un rigido controllo dello Stato.
Con la nascita della Repubblica il diritto del lavoro subirà una profonda trasformazione; la Costituzione del 1948, infatti, sancirà il diritto alla libertà sindacale e alla tutela del lavoro, ponendo le basi per lo sviluppo di una contrattazione collettiva libera.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, le principali confederazioni sindacali e le associazioni datoriali si rafforzarono.
L’introduzione dello Statuto dei Lavoratori (Legge n. 300 del 20 maggio 1970), che stabilisce le norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, il ruolo della contrattazione collettiva diventa più significativo.
Del 1993 è l’introduzione di un sistema di contrattazione su due livelli: il CCNL, che regola i minimi salariali e le condizioni generali di lavoro a livello nazionale, e la contrattazione decentrata (aziendale o territoriale), che permette di adattare le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle imprese e dei lavoratori.
Il CCNL dagli anni Duemila
Negli ultimi venti anni la contrattazione collettiva si è ulteriormente evoluta per adeguarsi alla crisi economica e ai cambiamenti nel mercato del lavoro.
Sono stati introdotti strumenti di maggiore flessibilità, quali i contratti di prossimità (Legge n. 148 del 2011), che permettono di derogare ad alcune disposizioni del CCNL in base ad accordi aziendali o territoriali.
Seppur continuando a rappresentare la principale fonte di regolamentazione dei rapporti di lavoro nel settore privato italiano, negli ultimi anni molte sono state le discussioni riguardo il rinnovo dei contratti e la necessità di adeguare il sistema con le nuove forme di lavoro, come lo smart working e il lavoro autonomo.