Ai sensi dell’art. 2110 c.c., in combinato con gli artt. 32 e 38 cost., nel caso di infortunio o malattia, al lavoratore è dovuta un’indennità nei modi e per il periodo determinato dagli usi o secondo equità. Durante questo periodo di tempo il datore di lavoro non può recedere dal contratto se non decorso il periodo stabilito dalla normativa di settore.
Esiste, quindi, un periodo di tempo durante il quale, in caso di assenza per malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto. Questo lasso di tempo è definito “comporto”.
Seppure, certamente, durante il comporto, il datore di lavoro non può recedere adducendo la malattia come giustificazione ovvero per altro giustificato motivo soggettivo, rimane comunque possibile l’irrogazione del licenziamento per giusta causa ovvero per giustificato motivo oggettivo, qualora ne ricorrano i dovuti presupposti
Nel prosieguo del presente articolo si affronterà la tematica dell’inidoneità sopravvenuta alla mansione ed il licenziamento per superamento del periodo di comporto.
La malattia ed il periodo di comporto
Dal punto di vista giuslavoristico l’evento “malattia” ha una definizione più restrittiva rispetto l’accezione medica. L’infermità, per essere rilevante deve essere:
• concreta e rilevante rispetto alla prestazione richiesta;
• attuale e quindi concretamente manifestatasi;
• assoluta o parziale, ma comunque sufficiente a rendere impossibile lo svolgimento delle normali mansioni lavorative.
Fattispecie assimilabili alla malattia:
Malattia causata dall’assunzione prolungata di alcool e/o sostanze stupefacenti (D.P.R. 309/1990 art. 124);
Ricoveri per donazione di organi (Circ. INPS 07/10/1996 n. 192);
Interventi di chirurgia estetica qualora necessari a rimuovere impedimenti funzionalmente connessi ad un difetto estetico (Circ. INPS 07/03/1991 n. 63);
Cure termali alle seguenti condizioni (art. 16 l. 412/19991 e art. 4 l. n. 323/2000):
prescritte da un medico specialista;
incompatibili con ferie e non prorogabili sino ad esse;
durata complessiva annuale sotto i 15 giorni;
tra periodo di cure e ferie devono decorrere 15 giorni;
il trattamento deve avere inizio entro 30 giorni dalla prescrizione.
Si richiama, così, la classica definizione giuridicamente rilevante di malattia, intesa come qualsiasi alteramento dello stato psicologico o fisico del dipendente che comporti un’inabilità temporanea al lavoro.
Come desumibile dall’articolato normativo, il computo, la casistica ed i diversi termini di comporto sono tutti stati demandati alla Contrattazione Collettiva. Seppure, quindi, vi sia una certa omogeneità nella disciplina è sempre bene fare riferimento al CCNL di settore.
Il periodo di comporto può essere declinato come:
“Secco”: ovvero il numero massimo di giorni consecutivi di assenza riferiti ad un unico evento morboso.
“Per sommatoria”: Il limite massimo di giorni intermittenti (ovvero non consecutivi), di assenza per malattia, dovuta a più eventi morbosi, in un unico lasso temporale che usualmente coincide con l’anno solare.
In molti contratti collettivi i due periodi vengono fatti coincidere.
Fattispecie assimilabili alla malattia:
Malattia causata dall’assunzione prolungata di alcool e/o sostanze stupefacenti (D.P.R. 309/1990 art. 124);
Ricoveri per donazione di organi (Circ. INPS 07/10/1996 n. 192);
Interventi di chirurgia estetica qualora necessari a rimuovere impedimenti funzionalmente connessi ad un difetto estetico (Circ. INPS 07/03/1991 n. 63);
Cure termali alle seguenti condizioni (art. 16 l. 412/19991 e art. 4 l. n. 323/2000):
prescritte da un medico specialista;
incompatibili con ferie e non prorogabili sino ad esse;
durata complessiva annuale sotto i 15 giorni;
tra periodo di cure e ferie devono decorrere 15 giorni;
il trattamento deve avere inizio entro 30 giorni dalla prescrizione.
La legge fissa il periodo di diritto alla conservazione del posto (Art. 98 disp. att. c.c. che richiama art. 6 R.D.L. 1825/1924) a:
• 3 mesi, se il lavoratore ha un’anzianità di servizio inferiore a 10 anni;
• 6 mesi, qualora abbia anzianità di servizio superiore a 10 anni.
Ovviamente viene demandato alla normativa di settore, gli usi od alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare in meglio i termini di cui sopra.
Comunemente nel settore privato, la Contrattazione Collettiva fissa il periodo di comporto per Sommatoria in 180 giorni, come nel caso del CCNL terziario
Di converso, nel settore pubblico il periodo di comporto è comunemente di 18 mesi.
A questa disparità di disciplina dettata dai diversi Contratti Collettivi applicati, si deve aggiungere, altresì una essenziale disomogeneità nel calcolo del periodo di comporto.
Una differenza tipica nel computo, fra i vari CCNL, è il riferimento all’anno di calendario (dal primo gennaio al 31 dicembre) ovvero l’anno solare, inteso come periodo di 365 giorni decorrenti dal primo episodio di malattia.
Un’altra differenza concerne la computabilità o meno dei giorni festivi compresi nel periodo di comporto o dei giorni di day hospital; ed attualmente si aggiunge la questione della quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria per Covid-19.
È opportuno segnalare che, con riguardo alla computabilità o meno dei giorni festivi e/o non lavorati compresi nel periodo di comporto, la Cassazione (Cass. Lav. Sent. n. 24027/2016) ha precisato esservi una presunzione di continuità della malattia durante i giorni festivi, sia in caso di un unico certificato medico, che in caso di certificati in sequenza di cui il primo attesti la malattia sino all’ultimo giorno lavorativo che precede il riposo domenicale ed il secondo certificato a partire dal primo giorno successivo alla domenica. Restano salve le diverse disposizioni di cui al CCNL applicato.
Il computo del comporto non è pertanto una banalità a cui è possibile dare risposte di massima, di converso, per ogni lavoratore dovrà essere necessario verificare il CCNL applicato e la normativa di settore.
Fattispecie assimilabili alla malattia:
- Malattia causata dall’assunzione prolungata di alcool e/o sostanze stupefacenti (D.P.R. 309/1990 art. 124);
- Ricoveri per donazione di organi (Circ. INPS 07/10/1996 n. 192);
- Interventi di chirurgia estetica qualora necessari a rimuovere impedimenti funzionalmente connessi ad un difetto estetico (Circ. INPS 07/03/1991 n. 63);
- Cure termali alle seguenti condizioni (art. 16 l. 412/19991 e art. 4 l. n. 323/2000):
prescritte da un medico specialista; - incompatibili con ferie e non prorogabili sino ad esse;
- durata complessiva annuale sotto i 15 giorni;
- tra periodo di cure e ferie devono decorrere 15 giorni;
- il trattamento deve avere inizio entro 30
Superamento del periodo di comporto e licenziamento
Decorso il periodo di diritto alla conservazione del posto, il datore di lavoro ha la facoltà di procedere con il licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Si rammenta che il licenziamento per superamento del periodo di comporto è un tertium genus rispetto il licenziamento disciplinare ovvero per fatto dell’impresa (id est: Giusta Causa; Giustificato motivo oggettivo e soggettivo).
In questo particolare caso, il datore di lavoro rileva unicamente l’impossibilità sopravvenuta del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa (Cass. Lav. 18960/2020), comprovata dal superamento del periodo di comporto.
Da tale assunto discende che:
• non è necessaria la preventiva contestazione, non essendovi un illecito del lavoratore;
• non è necessario che il datore di lavoro informi dell’imminente raggiungimento del limite del comporto (Cass. ord. 30478/2021);
Ulteriore corollario di quanto sopra è l’obbligo di licenziamento tempestivo in caso di superamento del periodo di comporto (Cass. 12/07/2011 n. 15282; Cass. 10/11/2011 n. 23423).
Difatti, poiché il licenziamento è una mera facoltà di parte datoriale, il decorrere del tempo potrebbe essere inteso come acquiescenza all’assenza del lavoratore. Certamente il dato temporale non è fisso ma relativo e dovrà essere valutato in considerazione della sequela di episodi di malattia e dell’ eventuale accertamento “contabile” da parte dell’impresa. Purtuttavia, al fine di evitare eventuali impugnative o eccezioni infondate è suggeribile non far trascorrere più di una settimana dal superamento del periodo di comporto.
È obbligatorio che il licenziamento sia irrogato per iscritto e contenga, oltre alle usuali formule:
• il computo dei giorni di comporto suddivisi per ogni singolo evento morboso;
• la data di scadenza del comporto;
• i criteri di calcolo adottati e CCNL di riferimento.
Il consiglio dell’ Avvocato
Seppure la Cassazione abbia più volte dichiarato la non obbligatorietà dell’avviso al lavoratore dell’imminente scadenza del periodo di comporto, alcuni Tribunali di merito (Santa Maria Capua Vetere Sent. 20012/2019; Milano 2875/2019) hanno ritenuto tale comunicazione necessaria e propedeutica al licenziamento in considerazione l’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto (Art. 1375 c.c.).
In quest’ottica, la comunicazione al lavoratore è un’incombente di poco rilievo che potrebbe essere rilevante in sede di un’eventuale giudizio di impugnazione del licenziamento
Obbligo di preavviso
Per il licenziamento per superamento del periodo di comporto sussiste l’obbligo di preavviso che, purtuttavia, decorre dalla data di intimazione.
Gravi patologie
Esempi di gravi patologie:
• patologie oncologiche;
• ictus;
• sclerosi multipla;
• distrofia muscolare;
• morbo di cooley;
• degenza ospedaliera per trapianto di organi vitali;
Esempi di terapie salvavita:
• chemioterapia;
• emodialisi;
quasi tutta la Contrattazione Collettiva Nazionale è concorde nel ritenere che, in caso di gravi patologie il periodo di comporto possa essere prorogato.
Incombe sul lavoratore l’obbligo di provare la grave patologia e tale prova è anche condizione per la richiesta prolungamento.
Vi sono due modalità secondo cui i diversi CCNL dispongono tale estensione:
• elevando il periodo di comporto di ulteriori giorni (Cfr. CCNL CGIL Studi professionali);
• scorporando dal periodo di comporto i giorni di malattia per patologie gravi.
Le giornate di day hospital e quelle usufruite per la somministrazione di terapie salvavita (chemioterapia ed emodialisi) non sono – usualmente – computate ai fini della determinazione del periodo di comporto.
Opportuno richiamare, per ultimo, anche il periodo di quarantena per positività al Covid-19 attualmente non computabile.
Anche, e soprattutto, per questo profilo la linea da seguire è sempre il CCNL di settore, per verificare quali patologie sono coperte e quali giorni sono scorporabili.
Infine, in questo caso viene a rilievo la preventiva comunicazione da parte del datore di lavoro.
Diversamente dalla normale malattia, nel caso di gravi patologie o terapie salvavita il datore di lavoro è obbligato (l’obbligo non è di natura legale ma viene considerato tale da taluna giurisprudenza di merito già richiamata), in attuazione dell’obbligo di buonafede e dei fini assistenziali e solidaristici collegati al diritto al lavoro, ad informare dell’imminente scadenza del periodo di comporto il lavoratore, il quale potrà così attivarsi al fine di richiedere il prolungamento dello stesso.
Aspettativa, ferie
Oltre al caso delle gravi patologie di cui sopra, al lavoratore che si trovi allo scadere del proprio periodo di comporto è permesso prolungare l’assenza da lavoro:
• chiedendo un periodo di aspettativa non retribuita definito dalla Contrattazione Nazionale (circa 6 mesi);
• chiedendo la fruizione di tutti i giorni di ferie maturati;
Si evidenzia che la richiesta di aspettativa o ferie, in attuazione dello speculare obbligo di buona fede di cui all’art. 1375 c.c. incombente sul lavoratore, dovrà essere esercitato dallo stesso prima dello scadere del comporto.
Alcuni CCNL (Cfr. Studi professionali CGIL) dispongono espressamente che “i lavoratori che intendano beneficiare del periodo di aspettativa dovranno presentare richiesta a mezzo raccomandata A/R prima della scadenza del centottantesimo giorno di assenza per malattia”. Ne discende che l’omessa richiesta di aspettativa prima dello scadere del termine di comporto potrà essere valutata dal datore del lavoro ai fini del rifiuto della stessa.
Non vi è difatti, un obbligo in capo al datore di lavoro di accettare la richiesta di ferie o aspettativa che, purtuttavia, dovrà essere auspicabilmente accettata qualora formulata secondo buona fede (prima dello scadere del periodo di comporto e previa concertazione con l’azienda). Di converso, il rifiuto dovrà essere sempre motivato (a pena di illegittimità) e tale motivazione potrà essere valutata dal giudice di merito in caso di impugnativa.
Entro dieci giorni dal rifiuto il lavoratore ha diritto a chiedere che la richiesta venga riesaminata.
Brevi cenni sulla malattia da covid 19
Con il D.L. 18 del 2020 modificato dalla L. 27/2020 i periodi di assenza dal lavoro dovuti a quarantena con sorveglianza attiva o permanenza domiciliare fiduciaria o quarantena precauzionale sono equiparati alla malattia.
Questi periodi di quarantena, inoltre pur non essendo computabili ai fini del comporto sono computabili ai fini dell’indennità di malattia. Si parla, quindi, di una neutralizzazione del periodo ai soli fini del comporto.
Per saperne di più:
Covid 19
Tutele quarantena lavoratori fragili e malattia per covid 19
Conclusioni
In buona sostanza, la questione dell’impossibilità sopravvenuta alla prestazione e del licenziamento per superamento del periodo di comporto risente, come tutta la materia giuslavoristica, del necessario bilanciamento di interessi fra lavoratore, che non può essere penalizzato sul piano lavorativo da una malattia; ed il datore di lavoro che, in quanto imprenditore, non può essere chiamato ad una funzione assistenziale.
Il fulcro di tutta la normativa insiste, così, sulla necessità di disciplinare l’accesso e l’estensione delle tutele in modo che l’abuso possa emergere ed essere sanzionato
Per tale ragione in tutta la giurisprudenza sul tema si ritrovano continui richiami alla buona fede contrattuale, unico strumento in mano all’interprete per valutare la fisiologia o patologia della fattispecie concreta.
Avv. Jacopo Melendez
Iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma, e Founder-Partner di Buggea&Melendez, è responsabile dell’area civile e giuslavorista dello Studio legale.
Avv. Jacopo Melendez
Iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma, e Founder-Partner di Buggea&Melendez, è responsabile dell’area civile e giuslavorista dello Studio legale.