Liquidazione giudiziale
Avvocato per la Liquidazione giudiziale – Roma
La liquidazione giudiziale è la denominazione della procedura con cui l’attuale Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (che ha sostituito la legge fallimentare di cui al Regio decreto n. 267 del 16 marzo 1942) definisce quello che prima veniva chiamato “fallimento”.
Essa ha il fine di liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente ripartendo il ricavato tra i creditori in base alla graduazione dei loro crediti, in modo da soddisfarli nel miglior modo possibile ed in eguale percentuale.
Presupposti dell’apertura di tale procedura sono che il debitore sia un imprenditore commerciale, che abbia avuto un attivo patrimoniale oltre € 300.000,00 nei tre anni precedenti l’istanza di fallimento, che abbia avuto ricavi superiori ad € 200.000,00 nei tre anni precedenti l’istanza di fallimento e che abbia debiti scaduti per oltre € 500.000,00 nei tre anni precedenti l’istanza di fallimento e che versi in uno stato di insolvenza.
Oltre al debitore e ai creditori, i soggetti che partecipano alla procedura di liquidazione giudiziaria sono il Giudice delegato (che vigila su tutto l’iter), il curatore (nominato dal Tribunale) e il Comitato dei creditori, nominato dal Giudice delegato.
La domanda di accesso alla procedura di liquidazione giudiziale deve essere presentata al Tribunale competente entro un anno dalla cessazione dell’attività.
Essa può essere presentata dal debitore, da uno o più creditori, dagli organi di controllo e di vigilanza sull’impresa o dal Pubblico Ministero.
L’istanza di fallimento va sottoscritto da un difensore munito di procura e va comunicato al Registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito e al Pubblico Ministero insieme agli allegati che documentino i requisiti di fallibilità.
Il Tribunale fissa con decreto l’udienza e convoca le parti entro quarantacinque giorni dal deposito dell’istanza di fallimento.
All’udienza pre-fallimentare il debitore deposita i documenti contabili e fiscali richiesti dal Giudice con decreto di fissazione udienza, il Tribunale verifica i requisiti soggettivi e che l’imprenditore si trovi realmente in una situazione di insolvenza (si tratta, questa, della fase dell’accertamento dello stato passivo) e dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale, a seguito della quale tutti i beni del debitore vengono bloccati.
Si apre a questo punto la fase liquidatoria della procedura, volta alla monetizzazione dei beni del debitore.
Il curatore prende il controllo dei beni e degli eventuali crediti del debitore, forma lo stato passivo – ovvero verifica tutti i debiti ed i creditori del fallimento – forma uno stato attivo – ovvero un inventario dei beni e dei crediti – e predispone un programma di liquidazione (che dovrà essere approvato dal Comitato dei creditori e autorizzato dal Giudice). Il Curatore procede così alla vendita di tutti i beni ed al recupero di tutti i crediti e ripartisce il ricavato fra i creditori.
La somma ottenuta viene a questo punto distribuita tra i creditori rispettando una gerarchia (c.d. gradazione del privilegio), che vede i dipendenti e lo Stato come primi beneficiari.
Nel caso in cui il ricavato non sia sufficiente per pagare tutti i creditori, essi verranno soddisfatti in parte, sempre rispettando la stessa gerarchia.
Liquidata e ripartita tutta la somma, il Tribunale dichiara con decreto la chiusura della liquidazione giudiziale.
Il debitore che abbia collaborato attivamente alla procedura e non abbia commesso reati potrà richiedere l’esdebitamento, ovvero la dichiarazione da parte del Tribunale di non debenza dei crediti non soddisfatti.
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