L'art. 609 bis del codice penale
L'assunzione di alcol o di stupefacenti da parte della vittima della violenza sessuale.
I recenti casi di violenza sessuale riaccendono i riflettori su un fenomeno quanto mai attuale e drammatico.
La violenza sulle donne e, più in particolare, la violenza sessuale sulle donne è tra le maggiori piaghe sociali degli ultimi anni. Tale fenomeno criminale sta raggiungendo numeri sempre più alti.
Sempre più di frequente assistiamo a fatti di cronaca che riguardano fatti di violenza sessuale nei confronti delle donne. E sono di questi giorni le notizie ancora più allarmanti dove la violenza su ragazze minorenni è consumata da coetanei.
Le vittime delle aggressioni sessuali, il più delle volte, si trovavano in stato di alterazione psicofisica forse dopo l’assunzione di alcol e di sostanze stupefacenti.
Si tratta di una tematica, purtroppo, molto frequente e discussa che divide anche l’opinione pubblica tra chi da ragione alla vittima e chi, invece, crede ai soggetti accusati, con la classica sentenza popolare “Se l’é cercata!”.
In Italia i reati di violenza sessuale, sono inquadrati tra i delitti contro la libertà personale e vengono disciplinati dagli art. 609-bis e seguenti del codice penale.
L'art. 609 bis del codice penale
Il codice penale punisce all’ art. 609 bis con la reclusione da 6 a 12 anni chi, con violenza o minaccia o abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali.
La stessa pena si applica a chi costringe taluno a compiere o subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nozione di condizioni di inferiorità fisica o psichica: l’assunzione di alcol o di stupefacenti
I recenti casi di violenza sessuale hanno riguardato vittime in stato di inferiorità dovuta dall’assunzione di alcol o di sostanze stupefacenti.
In tali casi, la giurisprudenza della Corte di Cassazione riconosce che tra le condizioni di inferiorità fisica o psichica di cui all’art. 609 bis, comma 2, n. 1, c.p., rientrano anche quelle conseguenti alla volontaria assunzione di alcolici o stupefacenti, in quanto anche in tali casi la situazione di menomazione della vittima, a prescindere da chi l’abbia provocata, può essere strumentalizzata per il soddisfacimento degli impulsi sessuali dell’agente.
L’assunzione volontaria di sostanze alcoliche o stupefacenti, per essere rilevante nell’ambito delle condizioni di inferiorità fisica o psichica di cui all’art. 609 bis, comma 2, n. 1, c.p., deve essere preesistente all’atto sessuale e deve essere accertata in concreto.
Qualora, infatti, l’assunzione di sostanze alcoliche o stupefacenti sia tale da privare del tutto la persona della capacità di intendere e volere, ponendola in un palese condizione di incapacità di esprimere il suo consenso, viene ad essere integrato il reato di violenza sessuale di cui al comma 1, art. 609 bis, c.p., ovvero violenza sessuale mediante minaccia o costrizione e non mediante induzione, come nella fattispecie dell’art. 609 bis, comma 2, n. 1, c.p.
La differenza appare tutt’altro che scontata, sebbene dal punto di vista della risposta sanzionatoria non vi sono differenze, prevedendosi in ogni caso la reclusione da 6 a 12 anni.
Difatti, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, quello che rileva non è chi abbia cagionato lo stato di incapacità (ovvero se a fornire alcol e droga siano stati gli indagati dell’atto sessuale o se la ragazza lo abbia assunto volontariamente), ma se al momento degli atti sessuali la donna fosse in grado o meno di esprimere il consenso al rapporto sessuale.
Quello che conta è il consenso, quando manca si realizza il reato di violenza sessuale.
Elemento soggettivo del reato
Il dolo del delitto di violenza sessuale è generico e consiste nella coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della vittima non consenziente, Non è necessario, neanche, che la condotta sia finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente.
Ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di violenza sessuale, più in particolare, è sufficiente che l’agente abbia la consapevolezza che non sia stato chiaramente manifestato il consenso da parte del soggetto passivo al compimento degli atti sessuali.
Avv. Alberto Buggea
Iscritto all’Albo degli Avvocati di Roma e Founder-Partner di Buggea&Melendez, è il responsabile dell’area penale e di consulenza alle imprese dello Studio legale.
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